Il primo cambio di rotta nel mondo del lavoro e delle Risorse umane è stato “causato” dalla velocità del cambiamento tecnologico. Il cambio attuale ci viene imposto dall’Agenda 2030. L’Agenda ci costringe ad affrontare che, se non lavoriamo tutti insieme, non avremo più un pianeta su cui lavorare.
Risorse Umane Sostenibili: un cambio di mindset
Secondo questi presupposti, di quali competenze abbiamo bisogno adesso?
Di quale definizione di competenza abbiamo bisogno adesso?
Un mindset inclusivo, orientato alla diversity, focalizzato sulla prevenzione
Si tratta di focalizzare quale impatto sulle persone hanno le misure a favore dell’apprendimento permanente e dell’istruzione degli adulti (quando ce ne sono).
Vogliamo che nei documenti di risorse umane si parli di educazione per lo sviluppo sostenibile e stili di vita sostenibili, di diritti umani e di uguaglianza di genere, di promozione di una cultura di pace e di non violenza, di cittadinanza globale e di valorizzazione della diversità culturale. In altre parole, del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile
Un talento plurale, di gruppo, condiviso, in dimensione cosmopolita
Zucchermaglio, nella prefazione del libro di Perulli, precisa che il “proprietario” della competenza è sì il singolo individuo, ma non si può negare che “la competenza è non solo distribuita tra più persone ma anche negli artefatti e strumenti con cui specifiche comunità sociali e culturali realizzano le loro pratiche: in questo caso è piuttosto una proprietà emergente delle interazioni sociali che caratterizzano uno specifico contesto e per questo diventano rilevanti pratiche di progettazione organizzativa, formativa e tecnologica delle comunità nelle quali far emergere, crescere e circolare tali competenze” .
Se a questo aggiungiamo che il talento deve servire per affrontare le sfide dell’Agenda in ottica condivisa e multidisciplinare, si generano infinite sfide personalizzabili: le persone generano una propria sintesi dei GOALS tutta per sé e pensata con altri.
I talenti, quindi, si muovono in coerenza con gli obiettivi 2030 e prendono una direzione cosmopolita: centrare le mie ‘carte migliori’ (capacità di immaginare il futuro, capacità di fronteggiare le difficoltà e prendere decisioni, abilità di controllare – con autodeterminazione – valori e motivazioni, interessi e credenze di efficacia), orientarsi verso un lavoro dignitoso, mantenere curiosità sociale, avere grinta, muoversi in ottica globale e collaborativa, gestire un pensiero complesso con altri….
Un mindset che abbia in sé la quarta dimensione (il tempo)
È fondamentale non enfatizzare più e in modo deterministico il passato sul presente, tra l’altro su un presente in senso utilitaristico e a brevissimo termine. Se spostiamo il senso dello sviluppo di carriera delle persone non su «cosa vorrei fare da grande?», ma su «di quali problemi – che adesso non vediamo – ti vuoi occupare in futuro?» (…sapendo che non potrai occupartene da solo), allora non si tratta più di occuparsi di «quali competenze hai maturato?» ma di «cosa vorresti apprendere, ancora, e di nuovo, per perfezionarti?».
Questo spostamento al futuro, allo stesso tempo, non deve spingere le persone verso l’accelerazione, ma verso il tempo debito.
Quando lo sviluppo, personale o organizzativo, perde la dimensione del futuro, crea gli impatti negativi che stiamo osservando (Ribeiro, 2011). Wickert (2006) sottolinea che, di fronte a questa situazione segnata dalla mancanza di opportunità e di assenza della possibilità di scelta, in cui i giovani percepiscono se stessi come coloro che devono soddisfare tutte le norme richieste dal mercato del lavoro, e che nonostante questo non vengono ancora assunti, questi giovani finiscono per accettare qualsiasi cosa nel mondo del lavoro, rinunciando ai loro desideri e sogni, in una sorta di rinuncia a se stessi in nome dell’ideale di inserimento nel sistema. Questo genera impoverimento delle relazioni e ritiro dai processi collettivi, processo nominato da Castel (1999) di “individualismo negativo” (perdita simbolica del rapporto con la società) e segnato da un intenso senso di colpa personale.
Inoltre, quando lavorano, non fanno piani futuri, dal momento che devono vivere giorno per giorno la vulnerabilità generata dalle loro relazioni psicosociali. Zarifian (2002), quando si tratta di temporalità, dice che questi giovani vivono nel tempo spazializzato, cioè la temporalità è a imposizione esterna e rende la persona che costruisce il futuro come bloccato in un presente eterno (tempo di riproduzione).
Per questo abbiamo bisogno di una competenza non riproduttiva ma generativa. In cui la competenza non sia merce di scambio (“mi formo così trovo un lavoro migliore”) ma valore di per sé perché aumenta il mio contributo per il futuro e mi avvicina alla mia aspirazione professionale primaria.
Che tipo di consulenza disegna questo tipo di approccio?
Che tipo di strategie di business sostenibile si possono proporre ad una organizzazione che vuole diventare sostenibile
Presupposti dell’Agenda 2030 sulle Risorse Umane
- EMERGENZE non INTERESSI. L’ambiente/contesto/pianeta ha delle emergenze (non degli ambiti professionali!). Questi, se correttamente sollecitati, producono degli stimoli sugli individui che, con riflessività e progettazione professionale, attivano azioni di cambiamento e promozione di abilità che aumentano le capacità di analisi creando un circolo virtuoso
- COLLABORAZIONE NON COMPETIZIONE. Se ho un’emergenza personale, sono brava se arrivo prima a risolverlo; se ho un’emergenza planetaria, quindi complessa, che richiede un intervento multidisciplinare, ho bisogno di professionisti che collaborano per risolverlo, ho bisogno di collaborare, altrimenti non arriverò all’obiettivo
- PERSONALIZZAZIONE vs NORMAZIONE. La diversità è un paraocchi del valutatore, creare categorie per analogie è un esercizio illusorio: le persone sono unicità! Personalizzare significa: non differenziare più consulenza teorica e pratica, attivo o passiva; aggiungere alle analisi dei fabbisogni una bibliografia e non solo riferimenti burocratici o dati di bilancio; non sottostimare più le determinanti di tipo contestuale e relazionale («ho capito più di me stesso!» e allora? «Hai capito che tu sei te stesso in quella relazione? »). Secondo questi presupposti diventa obsoleto, e talvolta nocivo, usare parole quali occupabilità, autodeterminazione, autoimprenditorialità, autorealizzazione al ‘singolare’.
- L’ESSERCI DIPENDE DA UN CON-ESSERCI (Heidegger). Le risorse non appartengono agli individui ma al mondo. Le organizzazioni sono testimonianze di relazioni.